Alessandro Lupi scolpisce la luce a pennellate o, ribaltando il concetto, dipinge l’ombra rendendola tridimensionale. Arduo è descrivere il suo lavoro senza sfiorare il delirio, come sempre nei casi in cui si tenti di comunicare l’essenza di ciò che fino a ieri non esisteva.
I lavori di Lupi si intitolano tutti Densità Fluorescente, dal nome della tecnica di sua ideazione: talmente ossessionato dalla dicotomia Luce/ombra da dedicarle la tesi di laurea all’Accademia di belle Arti di Genova, Lupi ha iniziato la sua produzione delle densità nel 1997, a ventidue anni. Si tratta di strutture dalla varia forma e dimensione, in legno o metallo, che reggono sottilissimi fili di poliestere paralleli tesi come un fitto telaio multistrato: tra le loro fila si insinua il pennello di Lupi imbevuto di speciali tinture, riesce a tracciare sul filo impalpabili figuere umane a tre dimensioni.
I colori prediletti sono il blu, il verde ed un rosso che, se visto da lontano, induce l’osservatore a supporre di avere dinanzi creazioni in materiali incandescenti: è soltanto avvicinandosi alle opere immerse nell’oscurità (e leggendone le didascalie) che si comprende di avere a che fare con pitture fluorescenti la cui presenza è visibile soltanto grazie all’illuminazione (esterna e spesso nascosta) delle lampade di Wood a raggi infrarossi.
In queste installazioni a metà strada tra la pittura e la scultura, i soggetti sono in prevalenza femminili: donne formose accoccolate su se stesse, donne che nuotano e donne gravide il cuoi il feto si intravede in una ecografia resa possibile dalla sovrapposizione dei colori e dall’abile sfruttamento della fosforescenza (questo artificio è impiegato anche per far apparire, la struttura ossea interna).
Interessanti sono anche i corpi umani accovacciati dentro scatole di legno, parte di una serie che l’artista ha realizzato sul tema della clandestinità e dei viaggi della disperazione.
Lupi è giovanissimo appena trentenne: ma qualcuno a proposito delle densità fluorescenti (dal (1998 ad oggi esibite a Lubiana, Berlino, Francoforte, Lione, in alcune città della Finlandia e in tutta Italia) si è sbilanciato fino a parlare di genialità. Per prudenza, è forse opportuno attendere lo sviluppo dell’arte di questo demiurgo della luce, che al momento è concentrato sull’obbiettivo di ricavare dalle ombre sculture interagenti con il pubblico sul modello del progetto presentato nel 2003 al Foyer del Teatro della Corte di Genova. Di certo, per ora, a Lupi va il merito di distinguersi da molti suoi coetanei che, giocando con la luce ma senza superare Merz, ricorrono ad astruse e improvvisate teorie al fine di dimostrare il dubbio valore delle loro creazioni: per apprezzare la forza e lìoriginalità delle densità non s’abbisogna del sostegno di alcun Pamphlet da ufficio stampa ne di “manuali di istruzioni”. i due soli potrebbero raddoppiare entro breve.
Silvia Conti